Dal carcere al cantiere grazie al Cesf: per i detenuti si apre la strada del reinserimento nel lavoro

Una cerimonia importante, che conferma ancora una volta la bontà dei progetti messi in piedi dalla Scuola Edile di Perugia e sostenuti dalla Fica Cisl. Al carcere di Capanne sono stati consegnati con una cerimonia ufficiale, gli attestati ai detenuti che hanno preso parte ai corsi di formazione nel settore dell’edilizia organizzati dal Cesf, il Centro Edile per la Sicurezza e la Formazione. Percorsi mirati all’apprendimento professionale e all’inserimento lavorativo nel comparto edile di persone detenute, al quale hanno preso parte 26 persone: 11 donne (corso di “finiture”) e 15 uomini (corsi di “Costruzione, ripristino e consolidamento di murature e intonaco armato”).
Tra gli uomini c’erano anche soggetti con esperienza nel settore edile: 2 in carpenteria; 1 autista con patente D/E e CQC; 3 in muratura; quasi tutti, con mansioni varie, hanno già lavorato in cantiere. Alle donne che, al termine del percorso, manifesteranno interesse a proseguire l’esperienza nel settore, verrà proposta anche la costituzione di una cooperativa, alla quale le imprese potranno rivolgersi per lavori di finitura in subappalto.
Come spiega la direttrice dell’istituto di pena Antonella Grella, per alcuni di loro si apriranno subito le strade del lavoro: “Già la scorsa settimana sono entrati qui degli imprenditori ed hanno svolto colloqui individuali, finalizzati ad un possibile inserimento nel mondo del lavoro. Si tratta di un grande cambiamento, perché vuol dire offrire un lavoro, quindi la possibilità di un riscatto, come prevede l’articolo della nostra Costituzione parla della funzione rieducativa della pena, che miri a un reinserimento sociale della persona attraverso il rispetto della sua dignità e verso la risocializzazione”. Già lo scorso anno, nel corso della prima esperienza, trovarono lavoro 5 detenuti.
Emanuele Petrini, segretario generale della Filca Cisl Umbria, in questa veste svolge anche la funzione di vicepresidente – a rotazione con le altre sigle (Fillea Cgil e Feneal Uil) – del Cesf. “L’obiettivo di questo progetto è duplice – sottolinea – Da un lato offrire ai detenuti, uomini e donne, una opportunità di riscatto personale e professionale. Dall’altro rispondere alla necessità di manodopera qualificata nel comparto dell’edilizia, un settore strategico per lo sviluppo economico ed infrastrutturale del territorio. I detenuti coinvolti hanno acquisito competenze di base partendo dal tema centrale della sicurezza, della puntualità, della serietà, della responsabilità, ma anche abilità traversari come lavoro in team. Fondamentale è stata la collaborazione fra istituto penitenziario, Cesf, Inail, sindacati e imprese: una sinergia che ha creduto nel progetto e portato a termine questo obiettivo. La chiave è dare una seconda opportunità a queste persone che hanno sbagliato, per poter tornare gradualmente alla vita sociale, con un reinserimento nel mondo del lavoro e riacquisire dunque la propria dignità. Per quello che abbiamo potuto vedere, stiamo ricontrando un forte interesse verso questo percorso. Abbiamo in animo di incrementare i beneficiari e realizzare al contempo nuovi progetti per dare altre opportunità”. L’iniziativa è parte del progetto “Ri-costruire il futuro” ha portato all’inserimento di 9 detenuti nelle aziende del territorio.
La discesa in campo del Governo
Per gli imprenditori che accettano di assumere detenuti ci sono agevolazioni fiscali e contributive, ma anche il Governo è sceso in campo. Il ministero della Giustizia ha infatti stanziato un milione di euro per il reinserimento dei detenuti in Umbria. L’obiettivo è avviare percorsi di orientamento, formazione e housing sociale delle persone sottoposte a misura penale esterna o in uscita dagli istituti penitenziari, e attivare una rete per favorirne il reinserimento socio-lavorativo. “Ciò che si prevede– spiega via Arenula – è attivare una rete regionale di interventi, sinergie e collaborazioni che favorisca l’inclusione socio-lavorativa, offrendo ai destinatari maggiori opportunità di reinserimento. Una parte significativa delle risorse sarà impiegata per ampliare e migliorare gli spazi destinati alla formazione professionale e alle attività trattamentali, mentre un’altra quota servirà a rafforzare l’offerta di residenzialità assistita e temporanea, fondamentale per chi esce dal carcere senza una soluzione abitativa.
Si tratta di un progetto che rientra nel Piano nazionale “Una Giustizia più Inclusiva”, finanziato con le risorse del programma “Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027”. Il Ministero della Giustizia, in qualità di organismo intermedio, punta così a creare un sistema capace di offrire reali prospettive di reinserimento e prevenire nuove recidive, intervenendo concretamente sulle aree più critiche del percorso di ritorno in società.





