La ripartenza post sisma: “Ricostruire il futuro, non solo le case. Sicurezza e persone al centro”

La  ripartenza post sisma: “Ricostruire il futuro, non solo le case. Sicurezza e persone al centro”

“Dall’emergenza alla ricostruzione: esperienze a confronto” era il tema della due giorni organizzata presso lo spazio Digipass di Norcia dal Cesf – la scuola edile di Perugia – Inail nazionale e gli altri enti di settore. Al centro, la ricostruzione post sisma e in particolare le buone pratiche: le zone colpite da sismi (Valnerina, Marche, L’Aquila, Campania, Friuli, Emilia Romagna) hanno messo in rete le esperienze di ricostruzione, condividendo le esperienze ed i risultati.

Prima giornata prettamente più tecnica, con sopralluogo alla Basilica di Norcia ormai prossima alla riapertura e appunto le varie esperienze di ricostruzione, con uno spazio dedicato al cantiere complesso. Ospite di questa giornata il commissario alla ricostruzione post sisma Guido Castelli e il direttore generale di Inail Marcello Fiori.

Cristina Raghitta: sicurezza al centro, ma fare presto e bene

Seconda giornata con due tavole rotonde e altri ospiti di peso. Fra questi Cristina Raghitta, segretaria nazionale della Filca Cisl: “Le buone pratiche nella ricostruzione sono sempre un tema che è sempre stato al cuore della Filca – sottolinea ai nostri microfoni – Lo è nel centro Italia come  in tutte le azioni di ricostruzione dopo le grandi calamità naturali. Però è chiaro che un territorio così complesso ci consegna oggi il più grande cantiere il più grande cantiere in Europa, dove oltre a ricostruire, c’è una priorità forte che è quella di dare dignità a una comunità che deve necessariamente ritornare nelle proprie case, nelle proprie terre creare e riportare i servizi essenziali. Bisogna fare tutto in fretta e fare bene,  garantendo al contempo però legalità e sicurezza legalità, sia per impedire che quei fenomeni che si sono presentati in maniera massiva in altre ricostruzioni colpiscano anche questo territorio e sicurezza, sia perché la fretta spesso non si sposa con la sicurezza. Per far sì che tutto funzioni, serve una sinergia fra tutti i soggetti coinvolti. Quello che noi abbiamo chiesto è stato quello di creare un impianto di norme che abbiamo creato, ideato, pensato, ragionato e condiviso sia con i due ultimi commissari ma anche con la struttura del Viminale per prevenire le infiltrazioni malavitore. Ci sono strumenti chiave come il Durc. la congruità e il badge di cantiere che sono nati in casa Filca e che per noi  costituiscono degli strumenti a presidio di questi che sono per noi dei pericoli gravi. Oltre a questo serve una rigorosa applicazione del contratto collettivo dell’edilizia. Noi abbiamo messo a disposizione il nostro sistema, la commissione nazionale delle casse edili, che ha commissionato il badge. Il quale sarà finanziato dal sistema bilaterale e servirà a tutti, dalla prefettura alle aziende, fino al commissario. Inoltre mettiamo a disposizione le nostre squadre edili perché facciano la formazione e la facciano gratuitamente”.

Un momento della tavola rotonda con la segretaria nazionale Filca

Ricostruire fisicamente però come detto non basta. Oltre alle case c’è da ricostruire la vita delle persone: “Gli insediamenti umani – continua la segretaria – si preservano se noi siamo in grado di garantire una ricostruzione veloce. L’Appennino centrale ha un problema forte di spopolamento e questo si combatte solo col lavoro: noi possiamo anche ricostruire tutte le case, ma dobbiamo essere anche fare in modo che le istituzioni possano garantire un lavoro a chi in quelle case deve vivere, Ricostruiamo quindi badando non solo a case, chiese e monumenti, ma anche al tessuto economico”

Petrini: ricostruzione opera di ingegneria sociale

Presente in forze ovviamente la Filca Cisl Umbria. Il segretario Emanuele Petrini interviene, anche in qualità di vicepresidente del Cesf: “Sono stati fatti passi in avanti sul tema della sicurezza- sottolinea – in quanto nella ricostruzione post terremoto del 2016 non registriamo incidenti importanti. Questo vuol dire che  il lavoro messo in campo ha centrato l’obbiettivo di mettere al centro del percorso la tutela e la sicurezza del lavoratore ossia la persona. Abbiamo fatto un’opera di formazione

 capillare partendo dalle aziende e di caduta a tutti i dipendenti in modo che la sicurezza diventi dibattito continuo nei cantieri e sia da stimolo a tutti per migliorare il modo di lavorare, anche tenendo conto dei cambiamenti tecnologici”

I passi avanti però avvisa Petrini, non devono dare la sensazione che sia stato raggiunto l’obiettivo: “I dati ci dicono che l’Umbria  rimane una delle Regioni dove c’è una delle maggiori incidenze di infortuni mortali. La ricostruzione post sisma nelle aree interne non è solo un’opera di ingegneria: è una sfida sociale, economica e soprattutto umana. Crediamo sia fondamentale continuare attraverso i nostri enti bilaterali a promuovere la formazione, la prevenzione, la partecipazione dei lavoratori, tutti strumenti anche per chi ha difficoltà linguistiche.  Sarà fondamentale la sinergia tra le istituzioni, imprese e parti sociali: non solo dibattito, ma responsabilità condivisa. Non possiamo parlare di ricostruzione senza mettere al centro lavoro sicuro, dignitoso e stabile, né possiamo accettare che l’emergenza diventi la scusa per abbassare tutele, sicurezza e qualità. La ricostruzione in sicurezza, per chi abiterà quei territori e per chi li sta costruendo. Bisogna tenere d’occhio i cantieri e le condizioni che possono minare questa sicurezza, a partire dai subappalti a cascata”.

Ma c’è ancora dell’altro: “Le aree interne, speso marginalizzate dai grandi investimenti pubblici – prosegue ancora Petrini -vivono una doppia fragilità: quella territoriale, esposta al rischio sismico e all’abbandono, e quella occupazionale che porta allo spopolamento. Accanto al controllo nei cantieri, che deve coinvolgere tutti i soggetti, occorre quindi introdurre clausole sociali e occupazionali nei bandi gara pubblici e privati, con l’obbligo di applicazione dei ccnl di riferimento e il contrasto al dumping contrattuale. Serve una filiera pulita, tracciabile e qualificata, che premi le imprese le imprese virtuose e penalizzi quelle che puntano al massimo ribasso e allo sfruttamento. Infine, serve una ricostruzione partecipata, dove la comunità locali non siano spettatrici ma protagoniste e il lavoro diventi leva per la coesione sociale, e non  invece un altro motivo di disuguaglianza. Serve un impegno anche per tutelare i piccoli borghi, con le loro peculiarità storiche, sociali e culturali. Questa è la sfida che dobbiamo porre a chi gestisce fondi, appalti, piani urbanistici: la ricostruzione non può essere solo fisica, ma anche giustizia sociale e ambientale. Perché senza sicurezza,  diritti e dignità del lavoro, non c’è vera ricostruzione. Noi ci saremo. Nei cantieri, nelle sedi istituzionali, nei territori. Per garantire che nessuno venga lasciato indietro”